Dizionario Moriconese - Italiano. Usi e Costumi

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cacamatricula e ècchime

giochi di gruppo

Gioco incomprensibile e molto raramente giocato era “A CACAMATRICULA.”

-CACAMATRICULA-
Non chiedetemi cosa significasse…forse era derivato da qualche reminiscenza militaresca che facevano i “nonni” nei confronti delle “reclute o burbe o matricole”. Anche se matricola è più studentesco che militaresco! Due ragazzi si mettevano bocconi, a pancia in giù per capirci meglio, uno accanto all’altro; altri due, sempre bocconi, su di lore ma trasversalmente, in modo da formare una croce. Il direttore di gara, contava ad alta voce con ritmo regolare e se quando era arrivato a sessanta (praticamente circa un minuto) i due che stavano sotto non riuscivano ad uscire dalla “morsa” dei due sopra di loro, un’altra coppia si soprapponeva con la stessa modalità degli altri ed il direttore ricominciava la conta; ora erano due coppie che lottavano per tirarsi fuori, ma due per un verso e due per un altro: Così, se nessuno riusciva a liberarsi, ancora una coppia si aggiungeva. Così, per ore a far delle sudate che non dico! Chi riusciva ad uscire, si rimetteva sopra gli altri e così fino all’esaurimento delle forze.

De gustibus non disputandum est!

 “A ÈCCHIME.”    Altro gioco incomprensibile e molto giocato 

Ècchime, che molto probabilmente deriva da un gioco importato da Roma, visto che se fosse nato qua, si sarebbe chiamato “Èccome”  comunque a Roma si chiamava ARIECCHIME e il primo che saltava diceva ARIECCHIME  pe primo, pé secondo ecc. in base a quanti fossero.

Questo era un gioco che non mi piaceva e non ho mai capito a cosa servisse o per dir meglio cosa insegnasse lo stare “ a culu pusó” con una o più persone sul tuo groppone!      Ma andiamo per ordine.
Il gioco di ecchime si svolgeva, normalmente, come la maggior parte dei giochi, all’aria aperta, come si dice. I giocatori possono essere quanti se ne vuole, ma non si superava, per logica di riuscita, più di sei coppie.
Il materiale occorrente: tanta energia e altrettanta sopportazione!
Quando il numero dei giocatori superava i tre concorrenti, allora si costituivano le coppie.
Il gioco consisteva, dopo la scelta degli accoppiamenti, nel mettersi uno dietro l’altro, con il corpo piegato in avanti a novanta gadi e le coppie contrarie dovevano saltare per posarsi a cavalcioni sulle schiene dei “castigati”. Ognuno che saltava urlava” Ecchime” e poggiando le palme delle mani sui fianchi dell’ultimo della fila che “stava sotto” accresceva lo slancio per andare il più avanti possibile. Ovviamente dall’essere in due giocatori a dodici, c’era una bella differenza, in quanto il primo che saltava, doveva superare le schiene di cinque giocatori, per far sì che lasciasse spazio agli altri che sarebbero saltati dopo. Fatto il carico, quelli sopra rimanevano seduti sulle “groppe” di quelli sotto, finché uno di questi non pronunciava la fatidica parola “CRÔ!” (Da qua credo derivi la frase moriconese “j’ha fattu ddì crô!”, quando uno sfianca un altro o lo vince in qualche competizione o in altre circostanze che non approfondiamo). A quella magica parola, tutti scendono e si invertono i ruoli.
   Vorrei far notare che sia ad ECCHIME che A CACAMATRICULA, non era tanto il fatto di stare sotto, ma soprattutto il fatto di chi ti capitava sopra! A volte capitava che chi stava sotto fosse una cavalletta e quello che capitava sopra un bue!

E sentite cosa ne pensavo …e ne penserei se si facessero ancora questi strani giochi:
A  ECCHIME”
aprile 1975
-Non hó capitu ch’è ssa critinata
da stà cuccatu a culu posóne,
spettà che rriva una gran mazzata
sopre ‘a schina, pezzu de cojone!
Ma n’ó capisci che te pô sgrinane,
pezzu de stupidózzu malcrisciutu?
Quann’è succéssu, po, ddó va a parane?
Ma trova un giócu minu risulutu!-
«Ma varda mà che tu te si’ sbajata!
Io prpiu non ce gioco a stu giócu:
papà ‘sta cósa già me l’éa spiecata;
ha ittu “ a rruvinasse basta pócu”.»
“Dài Pierluì! A corza s’è fermata
Gióchi ‘ngora o va a reppiccià u fócu?”
Pierluigi Camilli
Spero di non aver risvegliato in qualcuno la voglia di fare giochi che a me non piacevano…cheché scrissi nella poesia.

 

caciufriscu

vecchio gioco di gruppo

A CACIUFRISCU

Questo gioco, in verità, lo si giocava talmente di rado che quasi nessuno se lo ricorda. Era, sicuramente un gioco molto antico e sostituiva di certo “ u picculu, essendo di gran lunga meno pericoloso.
Questo gioco aveva lo stesso procedimento del gioco del “picculu”, ma i bastoni erano sostituiti da piastrelle ed il picculu (birillo) da un mattone messo dritto in verticale.
Il materiale occorrente:
‘O Caciufriscu: un residuo di laterizio o una pietra piatta dalle dimensioni di uno zoccolo (mattone).In verità normalmente si usavsno delle pietre liscie e a volte quasi trasparenti, che trovavamo sotto la Porcareccia. Adesso so per certo che erano degli scarti della cava di alabastro che c’era nel XVI secolo.
A piastrèlla: un pezzo di pietra il più piana possibile, dalle dimensioni adatte a rimuovere “ o Caciufriscu” quando da essa viene colpito.
Una lippa (‘a leppa);
I bandoni (come a picculu).
Le regole sono come quelle del picculu, con la differena che si deve delimitare una zona per sfuggire al raccoglitore.
IL GIOCO
Prima di iniziare il gioco, si stabiliscono i limiti del campo (per esempio da “ u pizzicò ” der Municipio a prima dea Porcareccia, ‘a nnà fratta dea Parete e U Parco de ‘a Rimembranza), perché di solito si giocava, come si sa, a quello ‘e Marzilio Aureli, nna Valicella e precisamente tra quella che ora è la casa di Mario Giubettini e quella di Augusto De Petris.
Come a picculu, una volta stabilito chi sarà il raccoglitore, ogni giocatore, lancia la piastrella per far cadere la pietra verticale (‘o Caciufriscu, che noi chiameremo base) e mentre il raccoglitore rimette a posto la base, il tiratore deve raccogliere la sua piastrella e tornare dietro la linea di demarcazione. Se viene colpito dalla lippa, si deve fermare e viene raggiunto dal raccoglitore, il quale, prende “a piccóllu” ( a cavaceci, a cavalcioni) il tiratore e lo deve riportare vicino alla base. È chiaro che si cerca di portare il raccoglitore più lontano possibile dalla base. Ecco perché ci sarà un limite di confine. Quelli che non getteranno in terra la base, come a picculu, devono rimanere fuori dal gioco, fino a che non “si darà ‘mbicciu”; il colpito diventerà raccoglitore. Se non ci saranno estromessi, tutti  daranno ‘mbicciu.
Il bello di questo gioco, era quando il raccoglitore lanciava la lippa e non colpiva nessuno o meglio ancora quando la lippa veniva recuperata a volo dal lanciatore: la lippa veniva rilanciata più lontano. A volte, capitava che un mingherlino doveva piccollasse un cicciabomba come Ciccio ma fortuna che i cicciabombe non correvano troppo! Ogni tanto, qualche mamma che s’incontrava a vedere “ce ‘gnuriava”, ci sgridava esclamando:« Oh regazzì! Che manèra è a fasse portà a piccóllu da unu più picculu? Sucì ve sgrinete!» Per gli alieni, sgrinà sta per rompere la schiena.
Certo,chi poteva immaginare, allora, che si sarebbe parlato di questo gioco come fosse fantasia, visto che ormai abbiamo superaro la fantascienza dell’epoca mia!

 

calà

1. diminuire  v. « “Ah sì bravu! Com’è che a me m’o mittisti 70 euri e a Franciscu je l’ha missu 65?”-Perché u prezzu è calatu. – /Ah sei bravo! Perché a me lo mettesti 70 euro e a Francesco 65? “Perche è diminuito!”», 2. discendere v.   «Giuvà, cala che t’hó da parlà! – Giovanni scendi che ti devo parlare!»

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