nascondino s.m.
IL GIOCO:

BUSCARÉLLI (NASCONDINO)
Anche quando si giocava a “buscarélli”, si davano i partiti (regole) che normalmente erano due o tre solamente e cioè :
a chi ‘nzegna (a chi indica i nascosti/e), a chi non conta forte (ad alta voce) e a chi fa ‘a cavalletta.
Il gioco credo sia universale e forse solo i ragazzi di oggi non lo conoscono; è aperto a quante persone si vuole: da due a…dipende dallo spazio e dal tempo disponibile. Sì perché oltre i venti ragazzi, una “mano” durerebbe troppo tempo.
Fatta la conta e scelto chi deve sta sotto, come accecato (bendato per dir meglio) comincia a contare, tutti gli altri  corrono per cercarsi un nascondiglio, “se vau a bbuscà”. È ovvio che la conta dura in base ai giocatori: se pochi si conta  almeno fino a venti, mano mano che aumentano i giocatori, si allunga il conteggio che può arrivare anche a cento.
Mi ricordo che quando c’erano i cosidetti romani ( i figli dei moriconesi che stavano a Roma), come Gastone, Giorgetto, Marsiglia, Fedele, Sandro, Marina, Evandra e via discorrendo, che venivano l’estate, loro dicevano che si doveva contare dieci per giocatore, cioè sei, sessanta; dieci, cento; dodici, centoventi; ma noi non lo facevamo.
Ho parlato di bendarsi, ma è un eufemismo, ci si tappano gli occhi con le mani, stando girati verso un muro, una porta o un albero.
Insomma assomiglia a tana libera tutti, con la differenza che non ci sono prigionieri e come a tana, se chi sta sotto allontanandosi dalla postazione, viene scavalcato o sorpreso da uno dei nascosti, deve nuovamente accecarsi e ricontare, mentre tutti i ritrovati tornano a nascondersi.
Finita la mano, si ricomincia e si mette sotto il primo che è stato ritrovato.
Noi, inizialmente, prima che fossimo “invasi” da persone che parlano ciovile dicevamo “tocca” e non “tana”; forse reminescenza di un altro gioco che in altre parti, mipare, dicano “ce l’hai” o come a Roma “acchiapparella” ma per noi era tocca o cchiappa (acchiappa, prendi).
Era come a buscarélli ma chi stava sotto, contando, vedeva chi andava a nascondersi. Finito il conteggio, diceva “via” o “fattu” e tutti si bloccavano dove si trovavano; chi stava sotto doveva prendere gli altri, veramente bastava che toccasse il fuggitivo e quello si bloccava; da quel momento, s’invertivano i ruoli e sotto ci andava quello che era stato raggiunto. Nel momento che si toccava, si urlava “tocca!”.
Il gioco terminava quando tutti erano stati toccati e l’ultimo ricominciava la conta.