Dizionario
1. brontolare 2. parlottare sotto sotto v. derivato dal verso dell’upupa (o bubbola / bubbula )
1. buca 2.cavita’ 3. fossa s.f.
bugiardo/a agg. o s.m./f.
buco s.m. in senso proprio e figurato «fallu più largu ssu buciu che u pizzucu ‘nce passa. – fai quel buco più largo, il piolo non ci passa. T’è ita bene! Ovì che vordì tené un bellu buciu...? -Ti è andata bene! Lo vedi cosa vuol dire avere un bel buco…?
1. tirare a sorte, sia in senso proprio che figurato 2. comunicato s.m.
1. bollo s.m 2. bullo, fanatico agg. e s. m. (f. –a)
1. nascondere v. 2. buscare, rimediare, procurarsi vv. «Regà, che ce giochemo a buscarélli? – Ragazzi, ci giochiamo a nascondino?» / « non te buscà, sennó ce remedii che leccafarru! – non ti nacondere altimenti ci rimedi qualche schiaffo!»
imbrogliare, turlupinare vv. «T’ho vistu de parlà co’ Tizio: varda che te po’ buscarà! – Ti ho visto parlare con Tizio: guarda che ti può imbrogliare!»
nascondino s.m.
IL GIOCO:
BUSCARÉLLI (NASCONDINO)
Anche quando si giocava a “buscarélli”, si davano i partiti (regole) che normalmente erano due o tre solamente e cioè :
a chi ‘nzegna (a chi indica i nascosti/e), a chi non conta forte (ad alta voce) e a chi fa ‘a cavalletta.
Il gioco credo sia universale e forse solo i ragazzi di oggi non lo conoscono; è aperto a quante persone si vuole: da due a…dipende dallo spazio e dal tempo disponibile. Sì perché oltre i venti ragazzi, una “mano” durerebbe troppo tempo.
Fatta la conta e scelto chi deve sta sotto, come accecato (bendato per dir meglio) comincia a contare, tutti gli altri corrono per cercarsi un nascondiglio, “se vau a bbuscà”. È ovvio che la conta dura in base ai giocatori: se pochi si conta almeno fino a venti, mano mano che aumentano i giocatori, si allunga il conteggio che può arrivare anche a cento.
Mi ricordo che quando c’erano i cosidetti romani ( i figli dei moriconesi che stavano a Roma), come Gastone, Giorgetto, Marsiglia, Fedele, Sandro, Marina, Evandra e via discorrendo, che venivano l’estate, loro dicevano che si doveva contare dieci per giocatore, cioè sei, sessanta; dieci, cento; dodici, centoventi; ma noi non lo facevamo.
Ho parlato di bendarsi, ma è un eufemismo, ci si tappano gli occhi con le mani, stando girati verso un muro, una porta o un albero.
Insomma assomiglia a tana libera tutti, con la differenza che non ci sono prigionieri e come a tana, se chi sta sotto allontanandosi dalla postazione, viene scavalcato o sorpreso da uno dei nascosti, deve nuovamente accecarsi e ricontare, mentre tutti i ritrovati tornano a nascondersi.
Finita la mano, si ricomincia e si mette sotto il primo che è stato ritrovato.
Noi, inizialmente, prima che fossimo “invasi” da persone che parlano ciovile dicevamo “tocca” e non “tana”; forse reminescenza di un altro gioco che in altre parti, mipare, dicano “ce l’hai” o come a Roma “acchiapparella” ma per noi era tocca o cchiappa (acchiappa, prendi).
Era come a buscarélli ma chi stava sotto, contando, vedeva chi andava a nascondersi. Finito il conteggio, diceva “via” o “fattu” e tutti si bloccavano dove si trovavano; chi stava sotto doveva prendere gli altri, veramente bastava che toccasse il fuggitivo e quello si bloccava; da quel momento, s’invertivano i ruoli e sotto ci andava quello che era stato raggiunto. Nel momento che si toccava, si urlava “tocca!”.
Il gioco terminava quando tutti erano stati toccati e l’ultimo ricominciava la conta.