CARLA E PIERLUIGI CAMILLI PRESENTANO
Carla Camilli |
Pierluigi Camilli |
Dizionario Moriconese - Italiano. Usi e Costumi
CARLA E PIERLUIGI CAMILLI PRESENTANO
Carla Camilli |
Pierluigi Camilli |
base lievitata per imèastare
VIZI E VIRTÙ
Dai proverbi raccolti intorno a questo tema si evince che l’indifferenza, la vigliaccheria, il menefreghismo sembrano rappresentare una sorta di difesa contro le avversità della vita.
Riguardo all’ingiustizia, poi, il povero ha un atteggiamento di rassegnazione, quasi che facesse parte dell’ordine naturale delle cose. A questa si contrappone la giustizia che, coerentemente, viene considerata morta e sepolta. In fondo, a pensarci bene, non poteva che essere così in un mondo dove il diritto era prerogativa del più forte . La stessa sorte è toccata alla coscienza, anche se rimane ben radicato il senso morale, ispirato all’insegnamento evangelico.
A cusceza stea ‘ncima a ‘ncardu, è passatu u somaru e se l’ha magnatu.
La coscienza stava sopra un cardo, è passato un asino e l’ha mangiato
Bòtte carceratu e trenta pauli
botte, in galera e si paga persino, se si ha a che fare con i prepotenti.
Butta u sassu e busca a mani
Getta il sasso e nasconde la mano
Chi male fa, male spetta: spettatela tu che me l’ha fatta.
Chi fa del male, aspetta il male, dunque aspettatelo tu che me ne hai fatto.
Chi più sporca la fà diventa priore
Chi si comporta nel modo peggiore, riceve il massimo del potere
Fa bene e scordate fa male e penzace.
Fai del bene e dimenticalo; se fai del male pensaci.
L’erba cattiva non more mmai(1
L’erba cattiva non muore mai.
Male non fa’ e paura non ave’.
Non fare del male e non aver paura.
Panza piena non pènza a quella vota
Pancia piena non pensa a quella vuota.
Quello che a te non piace all’ari non fa.
Quello che non piace a te non farlo agli altri.
Tette muru finché n’te vòto u culu.
Tieniti muro finché non ti volto le spalle
Non me fà né callu né friddu
Non mi fa né caldo né freddo
Come accennato, non ci risulta esista una grammatica del dialetto Moriconese; ché da buoni Sabini, nostro malgrado, lasciamo sempre “dittu pe’ dittu!”, come dice il proverbio.
Il proverbio cita : “Dittu pe’ dittu nón ze ‘mpicca gnisciunu!” vale a dire che se te lo dice un’altro può non essere valido.
Com’è noto, la fonetica del VDSA (Vocabolario dei Dialetti della Sabina e dell’Aquilano) convenzionalmente è: º per ó molto chiuse; ¦ prima di una consonante indica la sibilante sorda palatalizzata; ‘z indica la zeta sonora. Qua non rispetteremo le regole fonetiche del dialetto Aquilano-Sabino, poiché con la videoscrittura abbiamo la possibilità di segnare gli accenti così come si dovrebbero porre.
Cominciamo con l’alfabeto:
§ si può usare quando la esse si trova davanti ad altre consonanti , tipico dei dialetti osco-sabini o umbro-marchigiani e suona come la sch tedesca, come la esse di sciabola, scena o sciupare.
La s quando è preceduta da r suona come una zeta o ts
Le parole che in italiano terminano con la o, in moriconese terminano con la u .
Ci sono alcune parole che non seguono la regola, in generale tutte le parole di nuovo inserimento come cronometro, televisione, telefono, microbo, microscopio, atomico ecc.. ma anche oro, bòsco, scemo, porto ed altre.
Un rapporto strano tra lingua e dialetto, si riscontra nei nomi di località e di persona; non ci sembra che seguano una regola fissa:
Umberto diventa ‘Mberto
Antonio diventa ‘Ntonio
Enrico diventa Rico
Angilu può diventare ‘Ngilinu
ma, in linea di massima si pronunciano come in italiano.
gli si pronuncia di norma ji
Bottiglia buttija
Famiglia famija
Cosiglio cunsiju
Figlio fiju
in e im all’inizio di parola diventano ‘n, ‘m
inginocchiarsi = ‘nginocchiasse
impiegato = ‘mpiegatu
mb si trasforma in mm (Piombo = piummu)
ma quando si vuole parlare “civile” diventa mp *
Piombo = Piompo
rinomata la frase di un noto pittore locale : “Ma nón cunusci Seba§tiano der Piompo”
nd si trasforma, quasi sempre, in nn
Candela = cannela
Mandato = mannatu
Quando = quanno
così vale per il gerundio dei verbi:
essendo andati = essenno iti
avendo avuto = avenno avutu
nt in finale di parola diventa nd:
Ottanta = ottanda
Sessanta = sessanda
Quanta = quanda
Il sabino quando parla “civile”, quasi sempre, trasforma nd in nt, la d in t e la v davanti a e, i, in f
“sentimi un poco” diventa “sendi un po’ “
classica la frase “anfeti, muradò, nun lo conoschi er piompo?“
(anvedi, muratò, nun lo conoschi er piombo?)
Una curiosità: un mio ex collega di lavoro, di Borgo Collefegato (RI) oggi Borgorosi, discutendo con un altro collega (Paolo Fiaschi) disse: “Caro Fiaschi, te sei spaijato” “Caro Fiaschi, ti sei sbagliato “.
Una considerazione a parte va fatta per vócca /bocca .
Se vocca è preceduta da n o m allora diventa mmócca
Es. no §torce ‘a vócca … e cchiudi ‘ssà vócca …. e mìttite ‘mmócca ‘ssù pézz’e pa‘ ! Oppure ssu pezzu de pà.
Il dialetto, infatti era il linguaggio usato dalle genti di campagna e dalle classi più umili, cristallizzato in zone circoscritte di spazio e di tempo e rimasto abbastanza uguale fino a 50/60 anni fa, quando, finito l’isolamento rurale, attraverso una sempre più rapida diffusione dei mezzi di comunicazione, sta scomparendo con la stessa velocità della diffusione di detti mezzi.
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